Palasport di San Siro: il gigante scomparso

Per nove anni, dal 1976 al 1985, San Siro non è stato un nome familiare solo agli appassionati di calcio, ma anche a quelli di basket. Infatti a Milano, oltre allo stadio di Inter e Milan, esisteva anche il Palasport di San Siro, che sorgeva imponente accanto al “Meazza”.

Era un impianto enorme, situato tra Via Federico Tesio e Via Patroclo, dove oggi è il Parco dei Capitani. Si estendeva su una superficie di 21.000 metri quadrati e poteva contenere fino a 18.000 spettatori. Per le sue imponenti dimensioni, i milanesi erano soliti chiamarlo il “Palazzone”.

Era attrezzato per ospitare discipline che richiedono ampie strutture, come atletica indoor (fu sede degli Europei 1978 e 1982) e ciclismo su pista. Inoltre, concerti e manifestazioni di vario genere, tra cui le uniche date italiane dei Queen il 14 e 15 settembre 1984. Insomma, era spesso frequentato da migliaia di persone.

Per quanto riguarda il basket, l’Olimpia Milano e anche la Pallacanestro Milano 1958 (meglio nota con i nomi commerciali di All’Onestà e Xerox), trasferivano le partite di cartello nel Palazzetto dello Sport di Milano, sua denominazione ufficiale. Qui l’Olimpia vinse il suo ventesimo scudetto, nel 1982, mentre due anni dopo la Virtus Bologna vi conquistò il decimo titolo.

Anche le stelle NBA si esibirono a San Siro. Prima, il 5 settembre 1981, una formazione All-Star con campioni quali Julius Erving e Moses Malone affrontò l’Olimpia; poi nel 1984 arrivarono i New Jersey Nets e i Phoenix Suns in un torneo con Milano, Varese e Virtus.

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Foto: Christof Sonderegger / ETH-Bibliothek Zürich, Bildarchiv via Wikipedia CC BY-SA 4.0

Palasport di San Siro: la storia

Il Palasport di San Siro era, in ordine cronologico, il terzo palazzetto di Milano. Il primo fu il PalaFiera, risalente al 1933, somigliante più a un teatro, con palchi anziché tribune. Quindi il PalaLido, oggi completamente rinnovato in Allianz Cloud, ultimato nel 1961 e campo dell’Olimpia per le gare ordinarie. E poi arrivò il “Palazzone”, i cui lavori iniziarono nel 1970 per concludersi sei anni dopo. Forse nessuno avrebbe mai pensato che la sua esistenza sarebbe durata meno di dieci anni.

Sicuramente non Adriano Rodoni, milanese, vicepresidente del CONI e presidente della Federazione Ciclistica Italiana, fervente sostenitore di un grande impianto per gli sport al coperto, avendo già intuito i limiti del PalaLido. Fu proprio il CONI a finanziare il nuovo palazzo, che il Comune di Milano pretese vicino allo stadio per intercettare gli appassionati del calcio.

Il costo finale fu di 9 miliardi di lire, inizialmente preventivati in 3. Vennero impiegati 27.000 metri cubi di calcestruzzo, 4000 tonnellate di acciaio e 6000 metri quadri di vetro. Rodoni, da buon presidente della Federciclismo, fece in modo che il Palasport di San Siro fosse anche un velodromo. Uno dei primi grandi eventi organizzati nella struttura fu infatti la Sei Giorni di Milano.

A cantiere concluso, a inaugurare il “Palazzone” fu dapprima un meeting di atletica, a porte chiuse, il 10 gennaio 1976. Partecipò anche Pietro Mennea. L’apertura ufficiale avvenne il 31 gennaio, con tanto di diretta tv condotta da Mike Bongiorno, in un evento in cui si alternarono musica, spettacolo e stelle dello sport.

L’architettura del “Palazzone”

Progettato dallo studio Valle di Roma, con l’ingegner Giorgio Romaro che si occupò dell’ardita copertura, il Palasport di San Siro vinse subito nel 1976 il premio europeo assegnato dalla Convenzione Europea per le Costruzioni Metalliche (CECM).

A pianta ellittica e senza colonne intermedie, il palazzo era costituito da una struttura in cemento armato con 24 ingressi e “curve” sopraelevate per la presenza della pista ciclistica, lunga 250 metri e larga 7. Le tribune erano modulabili in base alla disciplina, che fosse basket, tennis, pugilato, atletica, ciclismo. Insomma, una vera arena multifunzionale che per certi versi, all’epoca, era all’avanguardia.

Dall’ossatura in cemento armato si innalzavano 35 mensole a sostegno dello scheletro perimetrale del tetto. Di forma concava, simile a quella del Peace and Friendship Stadium del Pireo ad Atene, anche la copertura era ellittica, con assi di 144 e 146 metri. Con i suoi 15.500 metri quadrati di estensione, era sorretta da una tensostruttura reticolare in cavi d’acciaio.

I lati negativi del Palazzetto dello Sport di Milano erano la notevole distanza degli spettatori dal rettangolo di gioco, un aspetto particolarmente fastidioso soprattutto nel basket, e i costi di gestione naturalmente elevati per un colosso del genere.

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Foto tratta dalla pagina Facebook: Milano sparita e da ricordare

17 gennaio 1985: il Palasport si arrende alla neve

Nelle primissime ore del 17 gennaio 1985, esattamente alle 1.35, la vita del Palazzetto dello Sport di Milano si spezzò bruscamente. In seguito a un’epocale nevicata, un’assurda quantità di neve ghiacciata depositatasi sulla copertura causò il collasso della tensostruttura che sosteneva il tetto a conchiglia, il quale si abbassò di alcuni metri. Nonostante il danneggiamento, continuò a sopportare il carico (una coltre spessa fino a un metro, per un peso di 800 tonnellate) e non rovinò a terra.

Il giorno precedente si era fatalmente deciso di gettare acqua calda sul tetto per sciogliere il manto ghiacciato, oltre che di alzare al massimo la temperatura interna. Ma i canali di scolo erano ostruiti dal ghiaccio e le temperature sotto zero solidificarono l’acqua in aggiunta, aumentando ulteriormente il peso. I tecnici non riuscirono a trovare una soluzione efficace per alleggerire il tutto. Fu stimato che nella parte centrale del tetto ci fosse un carico di oltre 500 kg per metro quadrato, circa 10 volte in più rispetto ai parametri di progetto.

La neve aveva creato una pericolosa insaccatura al centro e le funi, già al limite, quella notte cedettero, pur senza spezzarsi. Data l’ora, non ci furono vittime. L’impianto venne allagato da una valanga di acqua e ghiaccio. L’ultima partita di basket a San Siro, il 15 gennaio, fu Olimpia Milano-Stade Français 108-94 di Coppa Korac. Invece, l’ultima squadra a entrarvi fu… l’Inter, che il 16 gennaio, dunque poche ore prima del crollo, vi svolse un allenamento al coperto, in quanto la neve aveva reso inagibile i campi di Appiano Gentile.

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Olimpia Milano – Virtus Bologna, 27 maggio 1984 / Foto: Natale Chirulli via Wikipedia pubblico dominio

Palasport di San Siro: cosa rimane

Seguì una delle tante, tristi storie all’italiana: tra polemiche e progetti evanescenti, la ricostruzione non partì mai e il palazzo rimase abbandonato, andando progressivamente in malora fino alla definitiva demolizione stabilita nel 1988. Oggi nell’area ci sono la suddetta area verde e la stazione della metropolitana San Siro Stadio.

Il 30 gennaio 1985, pochi giorni dopo il disastro, morì Adriano Rodoni, colui che era stato il maggior promotore della costruzione del palasport. Sia il CONI che il Comune di Milano persero interesse per l’impianto. Tanto che si preferì una soluzione “tampone” nel quartiere Lampugnano, dove venne innalzato in fretta il PalaTrussardi, oggi PalaSharp, in disuso dal 2011. E nel 1990 arrivò il Forum di Assago a seppellire qualsiasi velleità di rivedere un’arena indoor accanto allo stadio.

Del Palasport di San Siro rimangono pure alcune apparizioni in vecchi film come le commedie Eccezzziunale… veramente con Diego Abatantuono ed Ecco noi per esempio… con Adriano Celentano e Renato Pozzetto. Oppure i polizieschi di Umberto Lenzi Milano odia: la polizia non può sparare, Milano rovente e L’uomo della strada fa giustizia. In Tutto a posto e niente in ordine di Lina Wertmüller, infine, una scena è girata all’interno del palazzetto in costruzione, mostrando il reticolo di cavi d’acciaio della copertura.

Prima foto in alto tratta da Arcipelagomilano.org

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