Phoenix Suns, si rinnova la Talking Stick Resort Arena

Un piano da 230 milioni di dollari per rinnovare la Talking Stick Resort Arena, casa dei Phoenix Suns. La permanenza della franchigia NBA è così assicurata nella città dell’Arizona almeno fino al 2037, con opzione fino al 2042.

Questo il succo dell’accordo approvato dal consiglio cittadino di Phoenix. In base a esso, 150 milioni saranno pagati dalla collettività attraverso il fondo per le strutture sportive (alimentato da tasse su hotel e autonoleggi), mentre ai Suns saranno in carico 80 milioni e ogni costo ulteriore che potrebbe sopraggiungere in corso d’opera.

Inoltre, dovranno investire altri 10 milioni investire in programmi non-profit e per la comunità locale. E si impegneranno a costruire in città una nuova facility per gli allenamenti. Infatti i Suns sono tra le poche franchigie NBA che ancora utilizzano la palestra interna all’arena. Non solo: se lasceranno Phoenix prima del 2037, i Suns dovranno pagare una sanzione da 200 milioni di dollari.

I Phoenix Suns restano in Arizona

Scongiurato, quindi, il rischio del trasferimento dei Phoenix Suns in un’altra città. Un aspetto, questo, non secondario né infrequente nello sport professionistico statunitense, strettamente correlato alle esigenze di mercato.

Nella NBA gli ultimi spostamenti sono stati quelli dei Seattle SuperSonics a Oklahoma City (diventando Thunder) nel 2008 e dei New Jersey Nets. Questi ultimi sono rimasti sempre Nets ma dal 2012 di stanza a Brooklyn, New York City. A questi va aggiunto il cambio di denominazione dei New Orleans Hornets in Pelicans nel 2013. Contestualmente Charlotte nel 2014 ha dismesso i poco fortunati Bobcats per riappropriarsi dei “suoi” Hornets.

Tra i motivi che spingono una franchigia a muoversi verso altri lidi – come è avvenuto per Seattle – c’è spesso l’inadeguatezza dell’arena agli standard correnti. Ad essa si accompagna la riluttanza da parte degli enti locali, per tutta una serie di motivi, a provvedere in maniera concreta (tutto il mondo è paese).

Una situazione che, di norma, fa andare di norma su tutte le furie il proprietario della franchigia. Il quale non si fa certo problemi a “minacciare” il trasferimento. In questo caso, in realtà, il numero uno dei viola-arancio Robert Sarver non ha mai paventato una concreta possibilità di lasciare Phoenix.

phoenix suns talking stick resort arena

Da Charles Barkley a Devin Booker

L’arena che oggi porta l’abbinamento commerciale con Talking Stick Resort è stata inaugurata, con in nome di America West Arena, il 6 giugno 1992 a downtown Phoenix. Di proprietà pubblica, all’epoca è costata 89 milioni di dollari.

Appena un anno e diventa il teatro delle NBA Finals 1993 tra Phoenix Suns e Chicago Bulls. Ospita anche la decisiva Gara 6 conclusa con il canestro di John Paxson che regala il terzo titolo consecutivo a Michael Jordan e compagni. Accoglie anche l’All-Star Game 1995 e, dopo un primo intervento di ristrutturazione nel 2003, si infiamma durante l’epopea dei Suns 7-seconds-or-less di Mike D’Antoni e Steve Nash dal 2003 al 2008.

Dal 2006 al 2015 è US Airways Center. Oltre ai Suns ospita tuttora le Phoenix Mercury di WNBA e gli Arizona Rattlers di IFL (Indoor Football League), mentre i Phoenix Coyotes di NHL (hockey su ghiaccio) hanno giocato qui dal 1996 al 2003.

Da vari anni, ormai, i Phoenix Suns sono lontani dai vertici NBA. Quella che è stata a lungo una franchigia all’avanguardia, grazie all’illuminata dirigenza dei Colangelo, sembra ormai un lontanissimo ricordo. Il nuovo corso fatica a prendere il volo, ma la presenza di giovani talenti come Devin Booker, Josh Jackson e DeAndre Ayton fa sperare in un futuro.

In attesa dei progressi sul parquet, per ora affidati al primo capo allenatore straniero in NBA (il serbo Igor Kokoskov), Phoenix prova intanto a ricostruire almeno il contesto.

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