“Ahiru no Sora”, il nuovo anime giapponese di basket

Il panorama degli spokon – il termine giapponese con cui si indicano manga e anime di ambientazione sportiva – dal 2019 si è arricchito di un nuovo cartoon dedicato al basket: Ahiru no Sora.

Tratto dai fumetti di Takeshi Hinata usciti per la prima volta nel 2003 per Kodansha Comics, l’anime, realizzato dallo studio Diomedéa per la regia di Keiko Kusukawa e Shingo Tamaki, è disponibile sulla piattaforma Crunchyroll e su Netflix con 50 episodi.

Ahiru no Sora ha come titolo inglese Dream Team. Però il suo significato in italiano è più o meno “Sora l’anatroccolo”. Sora, il nome del protagonista che come facilmente intuibile non si distingue per la propria altezza, tra l’altro vuol dire “cielo”. Lui è infatti affascinato dal volare e vuole arrivare sempre più in alto.

La trasposizione del manga di Hinata è un semplice e convincente tributo alla pallacanestro. Buon realismo, cura dei dettagli e animazioni efficaci: questo anime è avviato sulla gloriosa strada dell’universalmente noto Slam Dunk?

Il sogno di Sora

Il personaggio principale di Ahiru no Sora è quindi Sora Kurumatani, un ragazzo di sedici anni appena trasferitosi in un nuovo liceo, la Kuzuryu High School. Si trova nella prefettura di Kanagawa, zona suburbana di Tokyo che ricordiamo essere la stessa in cui è ambientato Slam Dunk.

Sora ha uno sconfinato amore per il basket, nonostante un grosso limite con cui deve fare i conti: la sua altezza, che non supera il metro e mezzo. Nonostante sia spesso vittima dei bulli, Sora ha un carattere molto forte e non si tira mai indietro di fronte alle avversità. “A basket smetto di essere un nanerottolo, il campo è l’unico posto in cui posso essere alla pari di quelli più alti di me”, dice in una delle prime battute.

È fortemente convinto di poter giocare a basket, tanto da allenarsi per ore e ore. La bassa statura lo rende rapidissimo e sgusciante. Non gli ha impedito di sviluppare grandi abilità di palleggio e tiro. Fin da piccolo desidera far parte di una squadra. Lo ha promesso a sua madre, ex giocatrice. Sora tiene profondamente al paio di scarpe da basket che la mamma gli ha regalato e che considera le sue ali.

Alla “Kuzu” però c’è un problema. La squadra di pallacanestro maschile – a differenza di quella femminile, capitanata dalla bella Madoka Yabuuchi – è come se non esistesse. I ragazzi che ne fanno parte, alti e grossi, sono infatti dei teppisti perdigiorno senza alcuna voglia di allenarsi. I fratelli Hanazono, Momoharu e Chiaki, “quelli che comandano”, cercano subito di condizionare la vita di Sora. Tuttavia la determinazione e l’entusiasmo del nuovo arrivato fanno pian piano breccia nella loro scorza dura e le cose migliorano.

Il basket come strada

Alla base della trama di Ahiru no Sora c’è un cambio di prospettiva rispetto a Slam Dunk. Mentre in quest’ultimo il protagonista Hanamichi Sakuragi è un principiante che vuole far parte di una squadra composta da ragazzi più bravi ed esperti di lui, nel nuovo anime Sora Kurumatani, l’ultimo arrivato, risulta essere il giocatore più talentuoso che invoglia e trascina gli altri.

La limitata statura di Sora richiama senza dubbio un altro vecchio e conosciutissimo spokon di basket: Gigi la trottola (titolo originale Dasshu Kappei). In esso, Gigi Sullivan (Kappei Sakamoto) è un ragazzino basso (come Sora) ma svogliato e che per le regole scolastiche giapponesi deve far parte per forza di una squadra sportiva (come appunto i compagni della “Kuzu”).

Come avviene in Slam Dunk, inoltre, l’ambientazione è quella di periferia metropolitana. Una realtà dove non è difficile trovare teenager che trascorrono il loro tempo per strada a fare i teppisti. Lo sport sarà allora la valvola di sfogo per un gruppo di sbandati che nella palla a spicchi potranno trovare una valida strada per il futuro. E il personaggio di Sora incarna perfettamente il giocatore che, nonostante le apparenze, può vincere i pregiudizi e conquistare il proprio posto in campo. Una specie di Muggsy Bogues in salsa nipponica.

La sigla di apertura è Happy Go Ducky della band The Pillows, mentre quella conclusiva è Tsubasa (“Ali”) eseguita dai Saji.

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