Libri di basket: “Il tiro da quattro” di Dario Ronzulli

Il tiro da quattro non è contemplato dal regolamento del basket. Ma c’è un modo indiretto di realizzarlo: canestro da tre con fallo e tiro libero aggiuntivo. Non capita spesso, e ci riescono solo i più bravi e smaliziati.

Nel suo libro Dario Ronzulli racconta come un tiro da quattro di Sasha Danilovic, complice una piccola ma esiziale inavvedutezza di Dominique Wilkins, abbia scritto la degna conclusione di quella che è stata la stagione più incredibile, intensa, memorabile mai vissuta dal basket italiano. La stagione dei dieci derby di Bologna tra Virtus e Fortitudo, finita il 31 maggio 1998 con la fatidica gara 5 di finale scudetto. E che solo un gesto come quello di Danilovic avrebbe potuto deciderla.

Storia di un anno irripetibile a Basket City, recita il sottotitolo de Il tiro da quattro (113 pagine, 14,50 €, Edizioni Incontropiede). Un gioiellino, godibile ed equilibrato, con prefazioni di Walter Fuochi e Flavio Tranquillo, che narra nei particolari e contestualizza un’annata al calor bianco, in cui Bologna era il centro nevralgico della pallacanestro e non solo.

Il tiro da quattro: una stagione pazzesca

La stagione 1997-98 non è stata soltanto il punto più alto del basket bolognese, e per esteso italiano. È stata una stagione di fede assoluta, utilizzando un’espressione cara agli americani. Una di quelle in cui vivi a un metro da terra. Senza pensare a ciò che è stato o a ciò che verrà, senza chiederti se tutto questo è davvero nelle tue possibilità. Senza pensare ad altro che a tifare, canestro dopo canestro, convinto di essere dalla parte giusta. Una stagione in cui senti la vibrazione della sfida incunearsi in ogni capillare della città.

A Bologna, poi, il basket è tutto. È vita sociale, argomento di costante discussione, in famiglia come nei ristoranti, sotto i portici come al palasport. E in quel periodo, Bologna era arrivata a vantare le due squadre più forti d’Italia e tra le migliori d’Europa. Farcite di stelle, tra ex glorie NBA e nazionali azzurri, campionissimi jugoslavi e veterani della Serie A ancora in grado di dire la loro. Intorno a loro si creò un’abnorme sovreccitazione.

La stagione, infatti, aveva fatto scontrare Virtus e Fortitudo in tre competizioni: Eurolega, Coppa Italia e ovviamente campionato. Dopo nove tiratissimi derby e un trofeo per parte (Coppa Italia all’Aquila, Eurolega alle V nere), e addirittura un 619 pari come computo totale dei punti segnati nelle stracittadine, gara 5 di finale scudetto si presentava come lo showdown definitivo che avrebbe tinto il capoluogo emiliano di bianconero o biancoblu.

Il racconto del 1997-98

Dario Ronzulli, giornalista sportivo e conduttore radiofonico, è nato a Foggia nel 1982 e vive a Bologna. Ne Il tiro da quattro traccia un quadro esauriente dei momenti chiave della stagione 1997-98. Ha parlato con molti protagonisti di quella fase così esaltante e inoltre richiama le radici della pallacanestro bolognese, per spiegare cosa significa giocare un derby in questa città.

Non solo: il 1997-98 è anche l’anno in cui Roberto Baggio finì a vestire la maglia del Bologna calcio. Un’esperienza che, nonostante gli screzi con l’allenatore Renzo Ulivieri, fu per lui determinante per riconquistare la Nazionale e partecipare al Mondiale francese. L’autore dedica a Baggio un intero capitolo, a sottolineare il fatto che, tra basket e calcio, alla fine del secolo scorso Bologna era una vera e propria capitale sportiva, ricca e appassionata.

Il volume si apre con la concitata gara 5 fino al tiro da quattro di Danilovic. L’orologio, in quel momento, si ferma e Ronzulli balza indietro a raccontare le origini delle sfide tra Virtus e Fortitudo, il mercato faraonico dell’estate ’97, la rivalità tra il serbo e Carlton Myers, che a sua volta non si prendeva con Wilkins. Con quest’ultimo che, alla fine, entra nella storia dalla parte sbagliata. E poi i presidenti, gli sponsor, gli allenatori, le arene. Quindi, le competizioni: la semifinale di Coppa Italia che spiana la strada alla vittoria Fortitudo, la serie dei quarti di Eurolega con il trionfo virtussino, la cavalcata dei playoff italiani e la finale scudetto.

L’appendice, quel Cosa è successo dopo che ci fa venire in mente il post-finale dei film americani, è un tocco di qualità che arricchisce la già gradevole e giornalistica narrazione, riportando la storia ai nostri giorni e non facendola sembrare un passato troppo remoto.

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Dario Ronzulli.

Era un altro basket

Quello di fine anni ’90 era un basket diverso. Ad esempio, le riforme regolamentari FIBA ancora non erano arrivate. La partita era suddivisa in due tempi da 20 minuti, con 30 secondi per andare al tiro (nel 2000 si passerà ai quattro periodi da 10 minuti e nel 2004 ai 24 secondi per ogni azione). La linea del tiro da tre era a 6,25 metri e non a 6,75, e rimarrà tale fino al 2009. Nel 1997 pay tv, cellulari e internet c’erano già, ma non così tanto. E la Lega Basket doveva battagliare con la Rai che riservava alla palla a spicchi scampoli di palinsesto.

Così il modo principale per tifare, seguire e raccontare il basket era essere presenti. La stagione dei grandi derby di Bologna fa parte dell’ultima età dell’oro del basket italiano. La Serie A, che di lì a poco avrebbe pagato a caro prezzo quegli anni di spese folli, era ancora un campionato top. Non certo quello che, in seguito, avrebbe perso identità e potenza economica, tra roster in continua rivoluzione, un andirivieni di stranieri di dubbio valore, la scomparsa o ridimensionamento dei club più blasonati, comprese le bolognesi.

Il tiro da 4 di Dario Ronzulli è un’ottima occasione per rievocare un’epoca importante. Perché, alla fine, la memoria è fondamentale per ricordare i momenti gloriosi, ma anche per non commettere di nuovo gli stessi errori. Tuttavia si può star certi che, se si chiedesse a ogni protagonista se rifarebbe tutto, se rivivrebbe ogni momento di quelle emozionanti stagioni, la risposta sarebbe sicuramente sì.

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