Come ha fatto una Nazionale su cui nessuno avrebbe scommesso a diventare la migliore della storia? Marco Gaetani, in Argento vivo (66thand2nd), racconta lo straordinario biennio dell’Italbasket di Carlo Recalcati, da Euro 2003 al secondo posto ai Giochi Olimpici 2004.
Tutto parte, in realtà, dal 2002, l’anno dell’avventurosa tournée in Cina. Qui coach “Charlie”, alla guida di una selezione ancora sperimentale, mette le basi di alcuni traguardi che a prima vista sembrano inarrivabili.
Il bronzo europeo in Svezia nell’estate successiva, conquistato contro una Francia che nella stessa competizione aveva dominato gli azzurri durante la prima fase, vale il biglietto per Atene. Alle Olimpiadi in terra greca l’Italia finisce dietro solo all’Argentina della Generación Dorada.
Tra le due imprese, l’entusiasmante vittoria in amichevole a Colonia sugli Stati Uniti di Allen Iverson, Tim Duncan e Stephon Marbury. E degli allora ventenni LeBron James, Carmelo Anthony e Dwyane Wade. Mentre l’Italia non aveva in squadra nemmeno un giocatore NBA.
Bronzo e argento: la storia di un biennio d’oro
Sul modello dei saggi sportivi americani, con precisione dei dettagli, ricchi flashback e approfondite digressioni, Marco Gaetani – giornalista e autore di sport per Il Foglio, L’Ultimo Uomo, Rivista Undici, 66thand2nd – ricostruisce a vent’anni di distanza i successi di una squadra partita tra lo scetticismo generale e arrivata a disputare la partita più bella di sempre: la semifinale olimpica con la Lituania.
Nel volume, a costituire un’ossatura di grande valore e profondità è la costante presenza delle voci dei principali protagonisti: Gianluca Basile, Massimo Bulleri, Giacomo Galanda, Davide Lamma, Denis Marconato, Gianmarco Pozzecco, Rodolfo Rombaldoni, Matteo Soragna e Carlo Recalcati. Inoltre, in Argento vivo Gaetani ha inserito interviste a Flavio Tranquillo e Dino Meneghin.
Dalle loro parole emerge con nitidezza quanto sia stato difficile il cammino degli azzurri di fronte a sfide – podio europeo e medaglia olimpica – che apparivano più grandi di loro. Quello che non era assolutamente un gruppo di predestinati, è riuscito a trasformarsi in un insieme di uomini in grado di ribaltare i pronostici. Di incarnare alla perfezione il concetto di squadra, esaltando così ogni goccia di talento a disposizione.
Argento vivo, o la forza del gruppo
Mentre nei primi anni 2000 la pallacanestro mondiale comincia a mandare in NBA fior di giocatori, l’Italia vedrà giungere oltreoceano il suo primo rappresentante soltanto nel 2006 con Andrea Bargnani. La conseguenza è più che evidente. Giocare alla pari contro squadre quali Francia, Spagna, Argentina inizia a farsi proibitivo.
La Nazionale era stata eliminata agli Europei 2001 dopo una cocente sconfitta con la Croazia. Un insuccesso che mette fine al ciclo di coach Tanjevic e dei vari Myers, Fucka e Meneghin. Ora si è costretti a fare di necessità virtù. Perché non ci sono più le cosiddette “star”. Nemmeno i pilastri che, pochi anni prima, avevano conquistato l’oro europeo 1999 a Parigi. Tutti out per scelte personali e infortuni.
Il cuore, la coesione del gruppo, l’aiuto reciproco diventano così i tratti distintivi degli azzurri di Recalcati. Atleti che, comunque, in quel periodo erano abituati a giocare al massimo livello in Eurolega in club quali Treviso, Siena e Fortitudo Bologna. E che, in un campionato in cui il numero degli stranieri era ancora contenuto, godevano di minutaggi consistenti.
Charlie, l’uomo delle imprese impossibili
L’unica persona capace di imprese del genere forse poteva essere solo Carlo Recalcati. Un allenatore i cui modi discreti ed educati, insieme a un’apparente impassibilità in partita, nascondevano un impegno feroce nel portare le sue squadre oltre i loro limiti. Come avvenuto negli scudetti vinti con Varese (1999), Fortitudo Bologna (2000) e Siena (2004).
Partendo da una Nazionale praticamente tutta da ricostruire, il coach milanese conduce gli azzurri in quello che finora è il momento di maggior gloria della pallacanestro italiana. Risultati che, considerato il coefficiente di difficoltà, si pongono probabilmente più in alto dei precedenti titoli. Cioè i due ori europei (1983 e 1999) e l’altro argento olimpico, quello di Mosca 1980, le Olimpiadi del boicottaggio.
“Il segreto della nostra squadra, di tutte le grandi squadre, è il gruppo – spiega Recalcati nel libro – Anche quelle che hanno i grandi nomi, in manifestazioni così ristrette hanno bisogno di trovare protagonisti diversi. […] Devi costruire nel tempo, dando a tutti la possibilità di dimostrare che possono essere protagonisti. Devi avere a che fare con le persone, che devono assimilare questo concetto: essere disponibili a rivestire un ruolo più defilato in alcune situazioni e poi essere pronti alla bisogna. Non è una scienza esatta, non è matematica. Devi creare l’appartenenza, quello che noi avevamo cercato di fare dall’inizio“.
Così, in un paese abituato a considerare il secondo classificato come il primo dei perdenti, l’Italbasket del biennio 2003-2004 sarà sempre vista non come quella che ha perso la finale olimpica, ma come la Nazionale ha vinto l’argento. Un argento ancora e sempre vivo.